Il Blog del Consulente Finanziario
Vendere in perdita? Si, se sai come farlo!
3' di lettura
Vendere in perdita è una sofferenza per tutti.
Sei sicuro però che sia la mossa giusta tenere un prodotto a tutti i costi quando è in perdita?
Ovviamente dipende dal prodotto.
C'è però una regola tanto banale, quanto sconosciuta:
Se sia una buona o una cattiva scelta, non dipende assolutamente dall'entità della perdita.
(a meno che non stiamo facendo trading!)
Tra poco capirai il perché.
Il servizio di analisi gratuita del patrimonio che stiamo facendo in questo mese è un'occasione interessante per molti investitori e in queste settimane ne stiamo vedendo davvero delle belle. (mentre scrivo siamo nel 2023. Ottobre, cioè il mese dell'educazione finanziaria in cui tutti gli operatori di settore propongono formazione, occasioni di approfondimento e qualche promo come la nostra analisi gratuita del patrimonio) L'analisi gratuita è un'opportunità per avere un ulteriore controllo da parte di un esperto sul proprio portafoglio di investimenti, per avere una seconda opinione sulla bontà dei prodotti che la banca o l'assicurazione ti hanno venduto e alla fine anche per capire se quello che abbiamo in portafoglio è coerente con il nostro obiettivo. (Settimana scorsa ho pubblicato un articolo sulla composizione dei portafogli, lo trovi qui).
I risparmiatori spesso, quando indicano i prodotti in portafoglio, ci tengono a sottolineare che quelli in perdita sono stati un errore. Una sorta di "mea culpa" sul fatto che sono stati acquistati con un po' di incoscienza quando il mercato sembrava buono, ma poi …
"Adesso però sono in attesa che il titolo risalga, non voglio venderlo così"
I bias comportamentali dell'ancoraggio e dell'avversione alle perdite fanno si che piuttosto che vendere in perdita ci teniamo un prodotto scadente e soffriamo ogni giorno aprendo l'home banking.
Questo discorso ci viene espresso ancor prima di fare l'analisi, ancora prima di capire le caratteristiche o la bontà del prodotto.
Il segnale che ricevo è chiaro:
1- Il prodotto è in perdita, quindi è un cattivo prodotto
2- Me ne voglio liberare
3- Non voglio incassare una perdita
Quindi grande sofferenza, ma il prodotto si tiene finché il prezzo non risale. (se risale)
In questo articolo voglio sottolineare come tutti i punti di questo ragionamento siano molto opinabili.
Il prodotto è in perdita, quindi è un cattivo prodotto
1- Il prodotto è in perdita, ma potrebbe essere un buon prodotto e il mercato in questo momento sta avendo un calo generale. Oppure è stato acquistato ai massimi e a seguito di un naturale ritracciamento ora è in perdita, ma il prezzo potrebbe risalire.
Me ne voglio liberare
2- L'importante è capire il perché ci si voglia liberare di questo titolo. Forse è perché ora si possiedono delle informazioni o una formazione diversa da quando il titolo è stato acquistato? Quindi si riesce ora a stabilire che il titolo non va bene per il nostro portafoglio (o non va bene in generale)? allora ok, si vende. Altrimenti perché venderlo?
Non voglio incassare una perdita
3- Considerando che si dovrebbe vendere non per il prezzo, ma per il valore del prodotto, se il valore è scarso, perché non vendere in perdita?
La scelta di vendere o meno un prodotto può racchiudersi in questa semplice frase.
Oggi, con i soldi che incasserei dalla vendita del mio titolo e con le informazioni in mio possesso acquisterei questo titolo a questo prezzo?
Si?--> allora lo tengo e non vendo (altrimenti dovrei subito ricomprarlo!)
No?--> allora lo vendo! e sfrutto il capitale recuperato per investirlo altrove (esattamente come farei avendo già ora i contanti).
Facciamo un esempio:
Due anni fa ho acquistato, su suggerimento di un amico delle azioni: un'azienda XX che investe sulla creazione di batterie. Un business in sicura espansione! (parole dell'amico).
Oggi le azioni di XX hanno un prezzo dell'65% inferiore al mio prezzo di acquisto.
Avevo acquistato 500 azioni a 10,35€ per circa 5.180€ oggi mi trovo con 500 azioni al prezzo di 3,6€ per un totale di 1.800 €
La mia perdita è di 3.380€. La perdita è già lì. Anche se non vendo, ho delle azioni che oggi valgono meno rispetto a quando le ho acquistate, pensare che finché non vendo, non contabilizzo la perdita è un meccanismo che il nostro cervello utilizza anche per darci il tempo di elaborare la perdita senza aggiungere maggiore sofferenza.
Cosa fare allora?
Oggi avendo 1.800€ (il valore delle mie azioni se vendessi) acquisterei 500 azioni dell'azienda in questione? Forse cercherei di fare tesoro dell'esperienza pregressa e senza una lettura approfondita del bilancio non le acquisterei. Da due anni a questa parte magari mi sono fatto un po' di cultura finanziaria e ho capito che prima si pensa agli obiettivi e poi ai prodotti.
In ogni caso, rispondendo "𝒔𝒊, 𝒍𝒆 𝒂𝒄𝒒𝒖𝒊𝒔𝒕𝒆𝒓𝒆𝒊" significa che non ha senso venderle, per trovarsi con 1.800€ che subito sarebbero reinvestiti per acquistarle!
Se invece alla fine di questi ragionamenti la risposta sarà "𝒏𝒐, 𝒏𝒐𝒏 𝒍𝒆 𝒂𝒄𝒒𝒖𝒊𝒔𝒕𝒆𝒓𝒆𝒊" allora dobbiamo convincerci che è il caso di vendere. A questo punto potrei investire la somma ricavata in un investimento più efficace. Più aderente al mio profilo di rischio, più coerente con i miei obiettivi.
In questo esempio magari sceglierei un prodotto con un sottostante diverso, se invece fossi convinto della bontà dell'investimento, ma non del prodotto, potrei anche calcolare con facilità quanto ho effettivamente perso per sempre. E' quello che ho fatto con numerosi clienti nelle ultime settimane: calcolare la vera perdita. (spoiler è meno di quello che si pensa)
Perché la perdita passando da uno strumento all'altro, non sono i 3.380€ che non ci sono più. Quelli erano già persi ben prima dell'analisi, su questo punto dobbiamo farcene una ragione. Cambiando prodotto l'unica vera perdita saranno le tasse. Per spiegare questo non semplicissimo concetto, mi aiuterò con un altro caso reale.
L'investitore è in possesso di un fondo (FONDO A) del quale riconosce oggi la scarsa qualità del prodotto con un costo annuo del 3%, ma del quale invece crede ancora nel sottostante. Inizialmente era deciso a non vendere nonostante fosse in perdita del 38% su circa 15.000€, riconoscendo tra l'altro che il prodotto era un prodotto di scarsa qualità, per il prezzo, ma anche perché faceva peggio del benchmark dichiarato (Quel benchmark per il quale il prodotto era stato comprato!).
Oggi ha una perdita di circa 5.750€ e si troverebbe a ricevere solo 9.250€.
Quando acquisterà con questi 9.250€ un prodotto che investe sullo stesso sottostante, ma con un'aderenza maggiore al benchmark e costi neanche paragonabili al precedente, starà comunque comprando un altro fondo, che oggi sarebbe in perdita rispetto a 2 anni fa, perché se il sottostante ha il medesimo, benchmark, FONDO A e Etf avranno più o meno lo stesso andamento, tolti i costi e la mala gestione del FONDO A rispetto al benchmark e all'ETF.
Perciò se l'investitore avesse tenuto il suo fondo fino alla ripresa del prezzo di partenza, non dovrebbe pagare tasse, non avendo ne guadagni ne perdite, ma se invece sale su un altro cavallo (magari più veloce) la tassazione si calcola sul capital gain tra quando ha acquistato il nuovo fondo (con 9250€) e quando è tornato in pari con il proprio investimento, perciò con un capital gain del 62% (per recuperare una perdita del 38%, non basta fare +38%...bisogna fare un +62%). Le tasse su questo 62% sono il 26% (in questo caso) quindi la vera perdita nel fare un "cambio in corsa" è di poco più del 15% e non del 38%! Il 15% perché è la tassazione che dovrò pagare su quella "ripresa di valore".
Su come gestire facilmente le Minusvalenze create dalla vendita del fondo in perdita ne abbiamo già parlato ampliamente , spesso si può fare questo genere di operazioni poco prima di chiudere una posizione azionaria in guadagno così da essere sicuri di sfruttare fin da subito le minusvalenze per non pagare tasse sull'operazione in guadagno. Oppure ci sono oggi metodi efficaci, non solo con i certificati, ma anche con obbligazioni a brevissimo termine. (ne abbiamo parlato qui)
E' fondamentale restare concentrati sull'obiettivo, sulla qualità dei prodotti e riuscire liberarsi dei bias che travolgono ogni investitore, questa è la morale di queste esperienze. Quando si parla di soldi è importante rimanere lucidi e calcolare l'effettivo risultato, epurandolo dalle emozioni. Un consulente finanziario indipendente può essere d'aiuto in questi casi proprio perché è in grado di vedere la situazione in maniera distaccata e asettica, con un solo target: permettere al cliente di raggiungere i propri obiettivi di investimento.